Venezia è una città dove ero già stata cinque volte, che a pensarci sono tantissime. Eppure non mi era rimasto nulla, se non la sensazione, certo, di esserci stata.
Della prima volta da bambina con i miei genitori ricordo i piccioni a Piazza San Marco, e basta. Delle altre volte ricordo passeggiate in comitiva, senza cartina, vagabondaggi per calli e campi senza meta e con un occhio poco interessato. Ero più interessata alla compagnia, è chiaro. Di una volta, in particolare, ricordo la nebbia umida, le mie mani gelate nelle tasche di qualcuno che oggi non ricordo più nemmeno che faccia avesse. Venezia era lì nello sfondo, ma niente è entrato nei miei ricordi per restare.
Ci sono tornata lo scorso novembre per un weekend con l’idea di farmene finalmente un’idea precisa. Un tour de force dei nostri, quelli in cui il riposo è tempo perso. Uno di quei weekend che quando arriva lunedì ti servono le martellate sulle dita dei piedi per stare sveglio.
Partenza da Milano Centrale il sabato mattina con il frecciabianca delle 7.05, per essere sicuri di avere tutta la giornata a disposizione. Dopo una fila infinita alla fermata Ferrovia per il vaporetto, dove saliamo stipati come pescetti di laguna, scendiamo a Ca’ d’Oro e lasciamo i bagagli in albergo. Il primo dettaglio da registrare è il sole, una tregua alla pioggia e al maltempo di questo periodo. C’è il sole splendente, l’aria fresca, il cielo azzurro: lo scenario è perfetto.
L’hotel è barocco/roccocò/pomposo/vellutoso al punto giusto, sono gentili e hanno due gatti che sono i padroni incontrastati della hall, osservano gli ospiti, annusano i bagagli, dormono sui broccati; io familiarizzo subito. E’ superfluo che io dica che tutti gli alberghi con gatto/gatti in dotazione sono di mio gusto, vero?
E da lì partiamo alla conquista della città, a piedi e con macchina fotografica al collo, da veri turisti. Siamo in Campo SS. Apostoli e prendiamo le retrovie, un po’ seguiamo la cartina, un po’ andiamo a naso. E’ quasi una leggenda quella che ci si possa perdere a Venezia: una volta che si ha chiara la direzione in cui bisogna andare, basta seguire ponticelli e vicoletti, e lasciarsi portare. Lasciamo Cannaregio e proseguiamo a Castello, fino a Piazza Santa Marina dove ci fermiamo per una tarda colazione al bar Zenzero, che consiglio per uno spuntino a chi si trovasse a passare da quelle parti. Proseguiamo e sbuchiamo, attraverso la Piazza dei Leoncini, nella pienissima Piazza San Marco, ma ce la lasciamo alle spalle, attirati soprattutto dal molo di ormeggio delle gondole. Ci si può lasciar scappare una foto dell’isola di San Giorgio tra le punte delle gondole? Ovviamente no.
Già, le gondole. Che a me, lo dico subito, sembrano bare. Trovo che questa imbarcazione abbia qualcosa di lugubre, con quel nero, quel dorato, quel velluto bordeaux. Sono l’unica a pensarlo? Scopro comunque che il colore nero deriva dalla pece che veniva usata per impermeabilizzare lo scafo, colore che venne esteso a tutta l’imbarcazione perché sinonimo di eleganza. Il colore del lutto, anticamente, era l’azzurro scuro. Sarà, ma a me sembrano bare galleggianti, affascinanti pure, ma sinistre anche sotto il sole di mezzogiorno.
Da San Marco proseguiamo, sempre a piedi (che vi credete?), per il lungomare di Riva degli Schiavoni fino ai Giardini della Biennale. E’ una passeggiata lunga e bellissima, vivamente consigliata. Arriviamo ai Giardini nel primo pomeriggio e decidiamo di entrare comunque. E’ la mia prima volta alla Biennale d’arte e sono molto curiosa di vederla finalmente di persona. Chiariamo subito che l’esposizione è TITANICA e meriterebbe da sola come minimo due giorni. Chiariamo subito anche che noi non avevamo due giorni, avevamo due ore e mezza, sì e no. Chiariamo subito che le esposizioni dei Giardini mi hanno lasciata indifferente. Non ho visto niente di memorabile, ma d’altra parte io sono una profana. Curiosa sì, ma sempre profana. Al ritorno prendiamo il vaporetto che è lento, molto lento. Era una cosa che non avevamo considerato. I piedi a Venezia sono di gran lunga il mezzo più rapido (ed economico: una corsa singola in vaporetto costa 6,50€, stikaz).
Arriviamo alla nostra fermata Ca’ d’Oro 45 minuti dopo, a me ciondola la testa in avanti con tanto di bolla al naso: non sottovalutare mai l’effetto soporifero della corsa in vaporetto. Il tempo di una doccia veloce e siamo in pista per la cena. Ho la fortuna di avere una parte della mia famiglia che ha la “cittadinanza onoraria” a Venezia. No, nessuna origine veneta a giustificarlo, semplicemente una scelta di campo. Una cosa che ci è stata spiegata dai diretti interessati con “uno l’amore se lo sceglie bene, no?”. Non fa una piega: se è vero che uno non può scegliere il luogo di nascita, per quanto bello possa essere, è anche vero che si può sempre scegliere una seconda casa.
Ci hanno riempito di ottimi consigli su Venezia, che per seguirli tutti ci sarebbero voluti molto più dei nostri due giorni. Ma intanto ci hanno portato a cena all’Osteria La Vedova (Ca’ d’Oro) dove abbiamo avuto cura di riempirci la panza di ottimi spaghetti alla busara e della vera scoperta: le schie con la polenta. Le schie sono piccoli gamberetti della laguna…inutile farsi troppe domande sulla pulizia dell’acqua. D’altra parte mia zia garantisce che la laguna sia sana, e noi le crediamo.
Non paghi della densa giornata, dopo cena saltiamo letteralmente su un vaporetto in partenza e andiamo a Punta della Dogana. Sembrava lo scenario di un film, veniva da chiedersi se gli edifici fossero veri o solo delle facciate di cartone con niente dietro (dubbio che mi coglie sempre lungo il Canal Grande, ma solo perché è di una bellezza surreale). Nessuno in giro e la luna piena che illumina Santa Maria della Salute, bianca e rotonda. Rumore di tacchi in lontananza…Ma cos’è? Un giallo di Agatha Christie??? Per fortuna nessun morto a parte le dita delle mie mani congelate. Facciamo un po’ di foto e torniamo in hotel con il vaporetto N, quello notturno. Crolliamo, tra broccati e comodini dipinti.


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Venezia, per chi eventualmente non lo sapesse, è il capoluogo della Regione Veneto e insieme alla sua Laguna è inserita tra i Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO. Venezia è stata per più di un millennio capitale della Repubblica di Venezia, meglio conosciuta come la Serenissima. Dopo Roma, è la seconda città italiana più visitata dai turisti di tutto il mondo.
Qui c’è il diario del nostro secondo giorno a Venezia.
Per maggiori informazioni leggi la mini-guida dedicata al mio viaggio a Venezia.